Il tempo del sacro

Le tradizioni locali rappresentano un settore difficile da circoscrivere, perché “contaminate” dall’evolversi dei costumi e della cultura, ed infatti alcune sono di fatto estinte, legate com’erano ad uno stile di vita rurale oggi ormai scomparso, altre si sono evolute in eventi e manifestazioni profondamente diverse dall’originale.

Restano, tuttavia, ancora vive e presenti, almeno nei caratteri principali, le ricorrenze religiose e alcune sagre legate alle stagioni dell’anno, mentre altre rinnovano con idee recentissime occasioni di festa già consolidate, come le ormai diffuse rievocazioni storiche in costume, occasioni per reinventarsi un passato a volte in modo confuso e poco consapevole dei valori autentici.

Nel sistema paese, intorno alla chiesa le case, i campi e le stalle non sono separati se non per quello che basta per affermare una dignità che non è distanza, ma regola di rispetto, a segnare una fortissima devozione che ne ha assicurato una continuità sconosciuta ad altre istituzioni pubbliche.

La sfera del sacro mantiene valore nelle coscienze sempre meno collettive e sempre più individuali che oggi formano la comunità, nonostante siano profondamente mutati i contesti ed addirittura persino i significati di talune ricorrenze. Era, e per certi versi è ancora, quello dedicato al sacro, un tempo altro, che segna in modo netto lo stacco tra la vita quotidiana ed il rendere grazie per la buona sorte, implorare aiuto per quella grama, cercare sostegno per la durezza della quotidianità, intercessione per le inevitabili tragedie, vissute con senso di ineluttabile rassegnazione.

Nella religiosità popolare che, ancora oggi, si coglie in tanti piccoli riti, intrisa di superstizione e di credulità ma anche di profonda e umile fede, affiorava anche un’etica rigorosa, che si rafforzava in una condivisione pressoché totale. La comunità si dava un codice, un elenco di precetti che definiva e regolava il comportamento di ciascuno, che non eliminava il peccato ma in cui era chiaro qual’era il bene e quale il male.

La festa, quella domenicale, ma soprattutto quella patronale o i grandi eventi liturgici, era il momento forte, quello in cui il paese, la gente, recuperava il proprio essere comunità, in un dimensione che – proprio perché legata al soprannaturale e all’eterno – rafforzava il senso dell’identità, che andava oltre la finitezza umana, assicurata dal patto con le forze dello spirito.

Alla chiesa si affidava tutto il ciclo della vita umana, la nascita e la morte, i riti di passaggio dall’infanzia alla giovinezza e da quest’ultima all’età adulta, il matrimonio e la vita della famiglia, ma anche il lavoro, i campi, le bestie. Il sacro era, così, un’altra delle dimensioni fondanti della vita della comunità.

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